Certamente u.u
Ecco, e ora, visto che sono brava vi posto il secondo capitolo u.u
Spero vi piaccia!
CAPITOLO II
La mattina mi svegliai prima del solito e questo non era da me; ma fra un paio d'ore sarebbe tornata mia madre dalla sua gita a Las Vegas e, diciamo che quella mattina avevo cose più importanti da fare come fumarmi una sigaretta da vanti ai cancelli della scuola, oppure osservare il cielo opaco contando nuvola per nuvola, o magari cercare di decifrare il destino dal volo degli uccelli; si, quella mattina non credo proprio avrei avuto molto tempo per correrle in contro e sbaciucchiarla per mezz'ora dicendo frasi come: “Oh! Ma guarda un po'! La mia cara mammina è tornata!! Mi sei mancata da impazzire lo sai?!! Non devi mai più andare via! Capito? Più più più! ” e bla bla bla. No, quella mattina non ne avrei davvero avuto il tempo; e forse neanche il giorno dopo.
A malavoglia mi alzai dal letto ancora mezza rintronata e appoggiai sul piedistallo la chitarra che avevo ancora appesa al collo, con cui la sera prima mi ero addormentata. Attraversai la stanza con i piedi nudi e mi diressi in bagno, mi misi davanti allo specchio e osservai la mia immagine riflessa. Sembravo una pazza drogata: i capelli verdi e neri erano tutti arruffati e sparati in aria a mo' di scienziato pazzo, gli occhi verde smeraldo erano gonfi e rossi e sotto ad essi il trucco nero tutto sbavato faceva pan-dan con le occhiaie violacee, poi per completare il tutto avevo anche il segno di tre belle corde di chitarra fotocopiate sulla guancia sinistra. Uno splendore, vero?
Forse sarebbe stato meglio farsi una doccia.
Già, una bella doccia calda e rilassante con il mio bagno-schiuma alla ciliegia.
Aprì l'acqua bollente e mi ci fiondai sotto; ci rimasi dentro per una buona mezz'ora e poi, finalmente mi decisi ad uscire.
Allungai una mano verso il lavandino e afferrai l'asciugamano gigante color crema che avvolsi velocemente attorno al corpo e poi uscii, stando ben attenta a non scivolare sulle i mattonelle celesti umide di vapore.
Mi diressi verso un mobiletto e ne estrassi un vecchio phon che collegai alla presa ed accesi.
Faceva un rumore infernale, ma almeno andava, poi se mi fossi presa la scossa e ci fossi rimasta secca... erano solo dettagli.
Non ci misi troppo tempo ad asciugare i capelli. A dire la verità non ci impiego mai più di dieci minuti perché non ho mai ne la voglia ne la pazienza di rimanere un'ora ferma con il phon in mano per asciugarmi quel cespuglio che mi ritrovo in testa. Nonostante tutto però mi piacciono i miei capelli, con i ricci svolazzanti che non stanno mai al loro posto, che in fin dei conti sono come me, perché a nessuno dei due piace stare come dicono gli altri.
Finita l'operazione “asciugatura” uscii dal bagno, ed una folata d'aria gelida mi investì: come al solito non avevo chiuso la finestra. Velocemente la chiusi e poi mi diressi verso il mio piccolo armadio viola chiaro e lo aprii.
Li dentro c'era un caos totale, e per poco una pila di vestiti e robe varie non mi travolse, tirai fuori al volo un paio di jeans neri, una maglietta a stampe verdi ed una felpona grigia di almeno due taglie in più della mia, poi richiusi le ante il più velocemente possibile, prima che il tutto mi ricrollasse addosso.
Mi vestii velocemente e infilai le mie inseparabili converse nere e scesi le scale, silenziosa.
Sporsi la testa dal corrimano ormai scrostato e guardai in giro, di Rob ancora nessuna traccia.
Tanto meglio, potevo andarmene indisturbata; e forse magari era la buona volta che quella sottospecie di uomo non si faceva più vedere. Magari era andato in coma etilico o chissà cosa... speriamo.
Presi alla svelta il mio povero zaino rosso ed uscì di casa.
Fuori c'era freddo, si vedeva il fiato, ed il cielo era pieno di nuvoloni grigi che minacciavano pioggia. Sicuramente quello era il più freddo inverno che avessi mai visto. Di solito in California c'è sempre un sole splendente e un tempo impeccabile ma non quest'anno, e soprattutto a Rodeo che aveva piovuto molto spesso.
Rabbrividì.
C'era davvero freddo quella mattina, poi si stava alzando anche un vento gelido e pungente.
Mi tirai su il cappuccio e velocemente estrassi da una piccola tasca laterale dello zaino il mio Mp3 con le cuffiette che misi subito dopo. Partì Holiday, dei Green Day.
Mi piaceva quella canzone, come tutte le altre daltronde, ma quando ero un po' giù quello era un dei loro brani che aveva il magico potere di darmi la carica. Dio, quanto adoravo quella fottuta band!
Mentre canticchiavo a bocca socchiusa il mio sguardo cominciò a vagare da un punto all'altro del “viale”: constatai che non c'era anima viva a Rodeo a quell'ora di mattina. Sembrava una città fantasma, una città abbandonata a se stessa che nessuno voleva, lasciata così lì in rovina e dimenticata da tutti e da tutto... insomma lo scarto della California. E a fare da cornice al panorama surreale c'erano solo i vecchi e decadenti edifici rovinati dal tempo, qualche bottiglia di birra lasciata sui marciapiedi e dei deliziosi sorcetti che banchettavano nell'immondizia fuoriuscita dai cassonetti. Insomma, una città fantastica no? No.
Assorta nei miei pensieri non mi resi nemmeno conto che ero già arrivata davanti ai cancelli della Pinole Valley High School. Così tolsi le cuffiette nel bel mezzo di Blood, Sax and Booze e mi sedetti in una panchina. Mi addormentai. Avevo un fottuto sonno. Tutta colpa di mia madre.
* * * * *