| Nel dialetto beneventano la desinenza dell'infinito dei verbi della 1a coniugazione invece di -are è quasi sempre -ane, come in fravecane (fracassare), stane (stare), parlane (parlare); subiscono troncamento gli infiniti in -ere con -e- tonica della 2a coniugazione e in -ire della 3a, come in cadé (cadere), vedé (vedere), sentì (sentire; spesso anche sente, uguale nella forma alla terza persona singolare dell'ind. presente), morì (morire); mentre gli infiniti in -ere con -e- atona della 2a coniugazione perdono l'ultima sillaba: credere, scendere, correre, rompere, dire sono realizzati come crede, scenne (con assimilazione progressiva del secondo elemento del nesso -nd- > -nn-, come nei dialetti meridionali si verifica nel caso di quando > quanno ), corre, rompe, dice (evidente la derivazione diretta dalla forma latina dicěre).
Sono notevoli, fra altre, le seguenti particolarità fonetiche: -a- interna tonica diventa quasi sempre -e- tonica, come in mele, canele, per male e canale.
La terza persona del passato remoto dei verbi della 2a coniugazione con -e- atona termina quasi sempre in -ze, come in nascèze, crinze, dicèze, per nacque, credette, disse.
Le sillabe ca e co sono pronunziate qua e quo: ad es. quane per cane, quacquavo, per caccavo, quocquola, per coccola, quorpo, per corpo.
Spesso si scambiano le consonanti l per r e viceversa: come in ro capo, invece di lo capo, ro ferro invece di lo ferro, sòrdo, invece di soldo, salmento invece di sarmento, suldo invece di sordo, salda invece di sarda, ecc..
Ogni dialetto tende a gravitare intorno ad un centro di irradiazione di innovazione, che coincide in genere con il capoluogo amministrativo, commerciale ecc., mentre le zone periferiche tendono a conservare tratti di relativo arcaismo.
Dizionaretto dialettale
* Abbìa, comincia
* Ammoscia, affloscia
* Ammuìna, rumore, chiasso
* Buatt', barattolo
* Cchiù ncoppolillo, un po più sù
* Chiù sottolillo, un po più giù
* Crai, domani
* Crocco d' 'o pane, l'orlo del pane
* Che sciumàra!, che guaio
* Hiore - "Sciore", fiore
* Iardersi/"Arde", bruciarsi/bruciare
* Jatta/"Atto", gatta/gatto
* Mpanata, matassa
* No zico, un poco
* Ojie, oggi
* Piscrài, doman l'altro
* Pescrillo, domani innanzi l'altro
* Pressa, fretta
* Pòcca, dunque
* Preta, pietra
* Puca, spina di pesce
* Récane, origano
* Sore sor', piano piano
* Sborro, luogo dove una volta si adunavano i pubblici funzionari
* Surchio, sorso
* Sinale, grembiule
* Ticche, técche, piccoli, piccole
* Uccòlo, buco
* Vasinicòla, basilico
* Vòria, vento freddo
* Zimmaro, zammaro
Dialetti della provincia di Benevento
I dialetti dei vari comuni della provincia di Benevento rientrano nel grande filone dei dialetti campani e si rifanno principalmente al dialetto napoletano, a cui somigliano per oltre l'80 %. Sono tutti di origine latina, essendo stati i sanniti [4], antichi abitanti del beneventano, completamente romanizzati. Sono, infatti, nel dialetto pressoché assenti residui della lingua osca parlata nell'antichità. Scarse sono anche le parole di origine longobarda, nonostante il considerevole periodo di dominazione di questa popolazione germanica. Sono invece decisamente superiori le influenze del francese, a seguito delle dominazioni normanne, angioine e napoleoniche, nonché per l'influenza politica della Francia nei secoli recenti. Molto importante è stato l'apporto della lingua spagnola, di cui si trovano segni profondi nei dialetti del benaventano.Essi hanno la caratteristica di una grande variabilità diatopica (geografica), e questo si traduce in notevoli differenze di cadenze e di pronunzia, anche se i significati dei vocaboli, i modi di dire, i proverbi, ecc., sono sostanzialemnte gli stessi. È possibile distinguere dalla parlata il comune di origine di due persone, anche se sono originarie di paesi limitrofi. Ad esempio, il cane viene pronunziato i cuàne a Cusano Mutri e gliù càne a Pietraroja , che è il comune più vicino, situato a pochi chilometri. Così la h aspirata iniziale, di origine spagnola, che si trova in molti vocaboli di Pesco Sannita e di Benevento, inizianti con f in italiano, come ad esempio hiùmo per fiume, è sconosciuta nei comuni della Valle Telesina e del Matese beneventano.
Sarebbe interessante conoscere le cause di questa grande variabilità, anche se spostandosi geograficamente è normale il cambiamento per motivi storici, per l'influsso dei dialetti vicini (come il calabrese settentrionale, l'abruzzese, il laziale, il pugliese, ecc.) ed altre cause.
Questi dialetti, come tutti gli altri dialetti italiani, rappresentano un tesoro culturale portante i profondi segni della storia, della religiosità, delle tradizioni, del modo di pensare e di lavorare, della concezione della vita e molto altro, in definitiva dell’anima di un popolo. Questo patrimonio si sta rapidamente evolvendo e impoverendo per gli sconvolgimenti epocali dall'ultimo dopoguerra e per l'influsso sempre più forte dell'italiano standard.
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