Nuovo capitolo in arrivo, spero vi piaccia!
SMOKE ON THE WATER
"I’m a victim of my symptom
I am my own worst enemy
You’re a victim of your symptom
You are your own worst enemy
Know your enemy"
Restless Heart Syndrome - Green Day
-A domani Bill. Notte!- mi disse Mike, agitando la mano.
-Altrettanto. Ah, di all'altro coglione che se non arriva puntuale gli tolgo pure l'altra palla.- dissi, incaricandogli di rinfrescare la memoria al nostro batterista.
Mi portai la sigaretta alla bocca, facendomi una tirata e sentendo le piccole e leggere goccioline di pioggia entrare a contatto con la mia pelle.
-Riferirò.- rispose sorridendo, per poi allontanarsi con le mani nelle tasche e scomparendo definitivamente, avvolto dall'oscurità di Rodeo.
Lasciai fuoriuscire il fumo, che avevo intrappolato all'interno della bocca. Lo osservai mentre sinuoso si dissolveva nell'aria fredda, ma comunque resa piacevole per via della brezza salmastra proveniente dall'Oceano poco lontano.
Senza volerlo, con la mente, ritornai a qualche ora prima, a quando Mike aveva trovato quella... ragazza.
Gli avevo detto di lasciarla li dov'era ma lui no cazzo, eh no, doveva per forza aiutarla! Porca troia, il suo spirito perbenista usciva sempre nei momenti meno opportuni. Lo sapevo io che era solo un drogata o un'ubriaca, pazza per lo più, che stava smaltendo la sbornia.
Però dovevo riconoscerle che aveva una bella mano pesante...
Mi passai una mano sulla guancia, sentendo ancora un leggero pizzicolio.
Ah, ma perché ora mi stava tornando in mente quell'allucinata? Aveva qualcosa di strano... oh, ma non me ne importava nulla d'altronde... o no?
L'unica cosa che mi doveva interessare ora era arrivare alla mia topaia, spaparanzarmi nel divano e scolarmi una bella birra fresca.
Aumentai il passo, tirandomi su la zip della felpa e calandomi il cappuccio in testa, assomigliando probabilmente ad una figura losca, poco raccomandabile. Tralasciando il fatto che lo fossi veramente.
Andiamo Billie, 10 minuti e potrai fare quel cazzo che ti pare. No lavoro, no scuola.
Come non detto; i miei piani sarebbero andati giù per il cesso.
Non appena svoltai l'angolo sentii degli schiamazzi e poi rividi la tizia che poco fa era nei miei pensieri: stava con dei tizi, e non sembravano essere in buoni rapporti. Per lo più dava una “vaga” idea di essere ubriaca e non smetteva di insultarli.
Ma cosa cazzo cercava di fare?
La situazione non mi piaceva e poi, con quei tipi avevo già avuto a che fare. Non avevano molti scrupoli.
Dio, so già che me ne sarei pentito di quello che avrei fatto.
-Figli di puttana! Non dovete nemmeno pronunciare il suo nome!- urlò arrabbiata.
-Anh si? Hai ragione, non bisogna parlare dei pezzi di merda o si rischia di vomitare.- risposi Eric, il capogruppo, causando la risata degli altri suoi amichetti.
-Fanculo stronzi- rispose lei più che adirata, tirandogli un calcio ben assestato in mezzo alle palle.
Probabilmente lo aveva castrato.
Smisero di ridere ed uno di loro le se avventò contro, immobilizzandola per le spalle mentre lei continuava ad urlare di tutto e ti più, dimenandosi.
-Oh, questo non è stato molto gentile da parte tua. Comunque ora ci divertiremo un po' con te, non ti dispiace, vero?- disse l'energumeno che la teneva ferma, prendendola per il mendo e alzando un coro di risatine divertite.
Non potevo restare a guardare.
Andai verso di loro e spinsi via quel ragazzo, parandomi davanti a lei.
-E tu che cazzo vuoi?- mi ringhiò Eric, che nel frattempo si era ripreso
-Che ne dite di lasciarla in pace e prendervela con qualcun altro?!- risposi, incurvando la bocca in una smorfia.
Prima che le cose si mettessero ulteriormente male l'afferrai per un braccio e cominciai a correre, tirandomela dietro.
-Si bravo, scappa Armstrong! Codardo!- sentivo alle mie spalle.
Non appena mi fui assicurato di essere abbastanza lontano mi fermai, piegandomi poi sulle ginocchia a riprendere fiato.
-Ma cosa cazzo avevi in mente eh? Volevi forse farti uccidere?!-mi rivolsi a lei, strattonandola per far si che mi guardasse.
-Mh, perspicace il ragazzo!- mi rispose, strascicando le parole con sguardo tutt'altro che lucido.
-E cosa cazzo cercavi di risolvere?- le dissi, cercando di calmarmi e allentando la presa, notando che stringevo troppo.
-E tu perché ti sei messo in mezzo?- mi domandò, ridendo.
-Mi andava, okay? Tu comunque non mi hai risposto.- le dissi, ritornando a respirare più o meno normalmente.
-Cazzi miei. Non voglio parlarne.- rispose monocorda.
Okay, meglio non insistere, con quella non avrei risolto nulla.
Spero di non incontrarti mai più. Ciao!- dissi, un po' infastidito.
-A-aspetta.- mi richiamò lei, quando mi stavo già allontanando. -Non so dove andare.-
Oh, fantastico. Spero non si aspettasse un ulteriore aiuto.
-Okay, cazzi tuoi. Penso comunque che casa tua possa andare benissimo.- risposi scocciato.
-Ma... io... non mi va di tornare a casa. Ti prego.- pronunciò con disagio.
Aaah! No, no e ancora no!
-Ma porca troia...- sospirai per poi riprendere a parlare -Okay. Però alle mie regole: non toccherai nulla, non parlerai, non farai un diavolo di niente insomma. Poi non ti voglio più vedere.- cedetti.
In fondo... non potevo lasciarla girovagare a quell'ora e con quelli in giro.
-Grazie...- disse lei.
-Muovi il culo, Whatsername.- le dissi, invitandola a seguirmi.
-Mi chiamo Heaven.- rispose fredda.
-Davvero? Nome curioso. Comunque preferisco Whatsername.- pronunciai scazzato.
-Ma...- la interruppi. -Niente ma. Ti ripeto: mio il gioco mie le regole.-
Mi voltai e cominciai a camminare. L'avrei portata alla catapecchia.
Ci eravamo appropriati di quel posto io e i ragazzi; lo usavamo per suonare o per
cazzeggiare.
-Almeno mi dici come ti chiami?- domandò.
-Billie.- le risposi.
HEAVEN'S POV.Dopo 10 minuti buoni di camminata in totale silenzio arrivammo davanti ad una catapecchia, nel vero senso della parola.
Era una casupola tutta sgangherata, con un mini giardino invaso dalle erbacce ed immondizia varia.
C'era un cancello con attaccato un cartello che recitava: “DO NOT CROSS. DANGER!” ma che Billie, non curante ignorò, aprendolo e così diffondendo un rumore sinistro per tutto il quartiere.
-Pensi di muoverti?- mi disse con tono poco gentile.
Mi resi conto di essere rimasta imbambolata mentre lui, era già sulla porta aperta.
Mi spicciai e oltrepassai l'ingresso, capitando in un ambiente per nulla pulito e ordinato.
C'erano residui di cibo ovunque, involucri di snack vari qui e li, vestiti buttati sopra sedie tarlate e, un divanetto con le molle mezze di fuori e la gommapiuma gialla che spuntava di tanto in tanto, sotterrato da oggetti vari e oh, una bustina che aveva tutta l'aria contenere un preservativo.
Poi nell'aria avvertì odore di fumo -e muffa- che mi portò alla mente molti ricordi. Ricordi che avrei preferito non riaffiorassero. Ricordi di James.
Mi vennero gli occhi lucidi; odiavo questa dannatissima situazione, non potevo continuare così... ma non avevo la forza di reagire.
-Allora, li c'è un materasso e qui una coperta. Mettiti li e vedi di non rompere il cazzo.- mi riportò alla realtà, indicandomi un punto e lanciandomi al volo un lenzuolino tutto bucato. Alla faccia della coperta.
Mi ci sedetti, appoggiando la schiena al muro scrostato e avvicinandomi le ginocchia al petto. Cominciai a piangere, non sapevo esattamente cosa aveva scatenato questa reazione in me.
Mmh, dovevo sembrare abbastanza patetica, eppure non riuscivo a smettere di farlo.
Io non avevo mai versato una lacrima per nessuna occasione, tanto meno di fronte ad uno sconosciuto che mi aveva dato della pazza. Ma ora... tutto il mio mondo era crollato, e con me la mia corazza che fin'ora mi aveva protetta, o nascosta.
-E adesso che c'è? Cos'hai da frignare?- disse Billie, rivolgendosi a me con forse una punta di gentilezza.
-Nulla.- risposi cercando di ricompormi.
-Pff, donne. Senti, io ora me ne vado a casa e, domani verso le otto, quando sarò ritornato, gradirei che avessi levato le tende. Auguri e figli maschi, Whatsername.- concluse.
Quanto stronzo era?
-Puoi anche evitare di essere così acido, Dio santissimo.- dissi guardandolo in faccia per la prima volta.
Era poco più alto di me (non che ci volesse molto eh) e portava i capelli corti e rossi, un po' tanto ingarbugliati.
Aveva un piercing ad anellino sulla narice destra e delle labbra carnose, rese pallide da
forse il freddo.
E, per finire, gli occhi.
Erano di un verde bellissimo, vivo, ed erano la prima cosa che avevo notato. Avevano una loro anima.
-Disse quella ubriaca che mi tirò uno schiaffo.- pronunciò sarcastico.
-Sono solo un po' brilla. E comunque scusa, ma te lo sei meritato.- risposi con quella nota d'orgoglio che non mi mancava mai.
-E perché? Perché ho detto la verità poi!- rispose, alzando le braccia a mezz'aria per poi farle ricadere con un tonfo contro i jeans sgualciti.
-La verità non è quella che hai detto. Cazzo, dopo qualche minuto te ne sei uscito con quella frase, e non dovevi dirla! Sarò strana, ma non pazza in quel senso! E tanto meno autolesionista! Tu non sai, non sai. E non mi conosci.- conclusi inviperita.
-Hai ragione, non so, non ti conosco... quindi ora vado. Ciao ciao e occhio ai topi!- mi disse con la faccia da bastardo e scimmiottando la mia voce.
-No ti prego, non andare...- mi lasciai sfuggire.
Porca troia, io stare zitta no eh?
Praticamente non avevamo fatto altro che offenderci a vicenda per tutto il tempo e io gli avevo chiesto di restare. Stupida.
Solo che... avevo un dannato bisogno di compagnia, anche se questo sarebbe significato litigare. Ecco, lo avevo ammesso a me stessa.
Avevo paura di restare sola, di rimanere in balia di me stessa come già era successa una volta, e ora stava cominciando tutto da capo, con questa volta mio fratello.
Quanto ero caduta in basso.
-Ha ha ha ma che divertente. Seriamente, non pensavo fossi provvista anche del senso dell'umorismo! Ma ora che ne ho avuto la conferma beh... nulla, io la mia parte l'ho fatta!- disse facendo spallucce ed uscendo dalla porta come un missile.
Lo guardai andarsene, rassegnata.
Mi coricai in quella sottospecie i cuccia da cani e mi girai da un lato, coprendomi con quella carta vetrata che avevo come coperta.
Oh, potevo già sentire il materasso bagnarsi a poco a poco, e i miei ricordi riempirsi di dolore.
Disperazione e paura erano le parole d'ordine per entrare nel mio cuore.